Per non piegare la testa né di fronte al prepotente di turno, né all’onda sempre lunga del conformismo privo di senso critico. Studiare per non sprecare non solo in talenti, le opportunità, il presente e il futuro, ma anche per essere attrezzati a reagire a tutto ciò che non ci convince. Un tempo, per esempio durante tutti gli anni della contestazione studentesca, chi si ribellava allo status quo, chi voleva mostrare il volto del rivoluzionario, sceglieva la strada più diretta: negare la funzione dello studio alla sua radice. E magari chiedere una promozione a scuola o un voto minimo all’università, il 18, gratuito, ope legis. Nell’era dell’ignoranza, e lo siamo diventati parecchio, invece il paradigma si rovescia, e il vero, autentico ribelle, è colui o colei che studia. Con rigore, passione, responsabilità. L’ignoranza, che nasce anche dal non studiare, in fondo è piuttosto celebrata dalle nuove fonti della conoscenza. La tv, il web, i social. Qui conta l’approssimazione dell’attimo fuggente, il presentismo, e conta una certa sottocultura dell’apparire che non riconosce valore all’essere. Il ribelle invece studia, si prepara e si oppone alla decadenza dell’ignoranza. Rivalutando così non solo la sua personale conoscenza, ma la stessa funzione della scuola. Laddove, questo dovrebbe essere chiaro alle nuove generazioni, senza competenza, e quindi senza conoscenza, sarà sempre più difficile trovare lavoro. --- > Paola Mastrocola, scrittrice, ci racconta questo capovolgimento di fronte nel suo ultimo libro, "la passione ribelle" (edizioni Laterza). <